Si sa che quando si parla di pista molti fanno un passo indietro, si dice che è troppo veloce, che riguarda soltanto gli atleti d’èlite, che posso facilmente infortunarmi, è troppo faticosa o addirittura è talmente breve la distanza da percorrere che non riuscirei a divertirmi.
In effetti, quando si decide di partecipare ad una competizione in pista, sopratutto un campionato regionale di società, l’effetto è molto diverso rispetto alle competizioni non stadia a cui la maggior parte dei podisti è abituata.

La pista, seppur monotona nel suo insieme, offre emozioni indescrivibili per chi corre e notevoli spunti tecnici per chi osserva. Sin dalle prime fasi esistono delle regole ben precise e ogni momento è scandito da un particolare che rende le attese tanto adrenaliniche quanto lunghe.

Una volta completate le operazioni di riscaldamento e mobilità fondamentali ed irrinunciabili, addirittura i velocisti dedicano anche un’ora alle fasi propedeutiche la gara, si è pronti per presentarsi alla linea di partenza, non una linea qualsiasi, ma una striscia bianca, posta ai metri duecento, dove un giudice secondo un ordine prestabilito dirà dove schierarsi. Le parole tra gli atleti sono poche ma le tensioni tante e si notano nei volti di ciascuno. Ognuno ha il suo obiettivo, chi corre per raggiungere un minimo per qualificazioni ad eventi di più elevato tenore tecnico, chi ha il dovere di portare il maggior numero di punti al proprio team, chi giovanissimo si trova al suo esordio ed aspetta soltanto lo sparo per annullare le tensioni iniziando le bagarre con i primi della classe, chi con tanta esperienza non si tira indietro a provare sin dai primi metri dei facili fuori soglia per poi tornare sui propri regimi. L’improvvisazione non è il miglior alleato, anzi il tartan in brevissimo tempo ti darà una sonora risposta tale, anche ad altissimo livello, da portarti al ritiro.
Dopo lo sparo, il primo km è sempre velocissimo, muscoli ed articolazioni inviano i primi importanti avvisi e bisogna essere bravi ad interpretarli, in pochi minuti se tutto è filato liscio si arriva agilmente al 3 km, da lì in poi ognuno va avanti seguendo esclusivamente i segnali e gestendo le scorie muscolari che inevitabilmente negli ultimi cinque giri si accumuleranno. Riuscire a raggiungere chi è davanti di pochi metri o evitare di essere superati  sono istanti in grado di dare la scossa necessaria per assumere un atteggiamento più arrembante negli ultimi minuti.
E poi arrivano i 400 metri finali, una gara di velocità dentro una distanza del mezzofondo. Strano a dirsi ma è proprio così, il dispendio energetico è particolarmente elevato, si prova ad aumentare l’oscillazione delle braccia, l’ampiezza e la frequenza dei passi  si cerca di ingannare la fatica accumulata fino a quel momento, ed il suono della campanella dell’ultimo giro è una sferzata di adrenalina.
Tagliato il traguardo, lo sforzo è tanto, sei quasi sempre costretto a sdraiarti qualche secondo. Ma trovi il tempo e la lucidità di guardare l’ampio display elettrico con il crono della gara.

Minuti, secondi e centesimi rappresentano il limite oltre il quale la prossima volta sarai costretto a batterti nuovamente.